Vanità
febbraio 12, 2009
da noi ci si aspetta
che seguiamo una strada contorta, per loro evidente,
che ruggiamo alla chiamata delle armi, al sentor di morte,
che volgiamo lo sguardo ad occidente, all’ordine ricevuto
mentre il mondo collassa e brucia, mentre ciò che conta davvero
ci passa dietro le chiappe mosce e cammina mesto
nel crepuscolo di quest’inverno eterno.
da noi ci si attendono
grandi cose, fatte di gioventù e speranza vera;
invenzioni senza precedenti, opera del razionalismo che un tempo
ci fu innestato contro volontà;
da noi s’attendono
risposte risolute alle accuse della vita,
verità o menzogna al calar del sole, quando la coscienza torbida
ci chiama a render conto di ciò che essi voglion sentire.
Vaffanculo alla pietra miliare dei vostri insegnamenti.
non restano che macchie di noi,
macchie di sperma o di saliva su di un muretto dietro alla stazione,
tracce di scarpe consumate sulla neve, dopo aver lottato furiosamente
col cane di un contadino, ubriachi;
non rimarrà che il fiato corto d’una corsa a base di fata verde,
prossimi ormai ad un bacio o alla rivoltella,
incuranti di ciò che ci si aspetta,
incuranti della santità
oppure consci che la santità
altro non è
che il vano liberarsi dalle loro sudice catene.
mi rapiscono le immagini, in questo trittico.
qui: le chiappe mosce (ah, quanto è vero), che vedon fuggire, “dal retro” quel che conta davvero.
e poi, quest’inverno eterno… che immagine.